Riprendendo l’articolo sui precursori della psicologia applicata, approfondiamo la prospettiva funzionalista.
autore: Roberto Noccioli
Quello funzionalista è forse il paradigma che più direttamente ha influenzato la psicologia applicata[1], le cui radici affondano nel lavoro di Charles Darwin (1809-1882), Sir Francis Galton (1822-1911) e dei primi studiosi del comportamento animale[2]. Lo studio della psicologia si stava gradualmente orientando sul funzionamento dell’uomo inserito nel suo ambiente naturale, individuando nel rapporto uomo-ambiente il proprio oggetto di studio[3].
L’evoluzionismo influenzò la psicologia anche nel crescente interesse di essa verso le differenze individuali[4]. Sono le differenze osservabili tra gli animali di una stessa specie che spingono a verificare l’esistenza di tali differenze anche negli esseri umani[5]. Fu Sir Francis Galton (1822-1911), cugino di Darwin, ad interessarsi per primo di differenze individuali nelle capacità umane[6], contribuendo alla loro misurazione statistica; si occupò di misurare e campionare caratteristiche somatiche e certe attività semplici con lo scopo di ricondurre le “capacità” di riuscita nella vita a correlazioni tra elementi biografici degli individui e differenze quantificabili di dimensioni psicologiche semplici[7]. L’intento di Galton era quello di dare vita ad una sorta di selezione “razionale” (definita dall’autore eugenetica) che sostituisse la selezione naturale, al fine di “migliorare la razza umana”. Uno dei meriti di questo autore è l’introduzione in ambito psicologico dell’uso dei questionari e di metodi statistici di ricerca[8].
La nascita vera e propria dell’indirizzo funzionalista risale all’opera di John Dewey (1859-1952), uno dei filosofi più rappresentativi della cultura statunitense del primo Novecento, ed a William James. Alcuni autori[9] individuano nei Principles of psychology, pubblicato da James nel 1890, il principale punto di riferimento di questa corrente. Nei Principles l’autore dava una definizione di processi mentali, indicando la mente come caratterizzata dall’adempimento di scopi futuri e dalla scelta di mezzi per il loro conseguimento, ai fini dell’adattamento all’ambiente. Egli considerava i processi mentali nella loro dinamicità continua, per cui il pensiero è sempre in cambiamento e non è frammentabile in elementi separati, come invece era per lo strutturalismo[10]. James viene considerato il più importante tra gli psicologi americani[11] per il suo modo di scrivere, chiaro ed accattivante, che ha facilitato la diffusione delle sue idee; per il fatto di aver opposto all’obiettivo della psicologia wundtiana l’analisi della coscienza nei suoi elementi e perchè fu in grado di offrire un’alternativa al modo di vedere la mente, congruente all’approccio funzionale alla psicologia.
Nei Principi di psicologia, James affermò che l’obiettivo della psicologia non dovesse essere quello di scoprire gli elementi dell’esperienza, ma lo studio dei viventi e del loro adattamento all’ambiente. La funzione della coscienza è di guidarci nella ricerca dei requisiti per la sopravvivenza. La coscienza è vitale per i bisogni di esseri complessi inseriti in un ambiente complesso e senza di essa non sarebbe possibile l’evoluzione umana[12]. James enfatizzava gli aspetti non razionali della natura umana, considerando gli uomini come creatori di emozioni e passioni allo stesso modo in cui lo sono di pensieri e ragione. Secondo James la mente è caratterizzata dal suo dirigersi verso un fine e dagli scopi che persegue per adattarsi all’ambiente; ciò implica che, quando si sperimentava uno stesso fenomeno, esso viene sempre vissuto, in qualche misura, in modo diverso. Egli afferma che il compito della psicologia è quello di ricercare e descrivere le funzioni della coscienza nell’intero processo di adattamento esistenziale dell’individuo[13]. Infatti, il compito di studiare l’uomo nel suo adattarsi all’ambiente e i fini e gli scopi che persegue per farlo risulta fondamentale nelle sue ricerche.
L’anello di collegamento tra strutturalismo e funzionalismo è rappresentato da James McKenn Cattell (1860-1944)[14]. Egli, dopo essersi formato a Lipsia con Wundt, lavorò nel laboratorio antropometrico di Galton, successivamente si trasferì negli Stati Uniti dove divenne professore di psicologia alla Columbia University. Cattell utilizzò per primo il termine “test” per definire i protocolli misurativi utilizzati da Galton e “test mentali” per quelli utilizzati nei suoi studi. Questi ultimi si basavano su misurazioni corporee e sensomotorie elementari, allo scopo di individuare le capacità e le abilità fondamentali che permettono all’uomo di adattarsi al suo ambiente nel migliore dei modi.
Bibliografia
[1] Schultz D. P., Schultz S. E., (2000), A History of Modern Psychology, Hartcourt College Publishers.
[2] Ibidem.
[3] Lombardo G.P., Pompili A., Mammarella V. (2002), Psicologia applicata e del lavoro in Italia: studi storici, Franco Angeli, Milano.
[4] Schultz D. P., Schultz S. E., (2000), A History of Modern Psychology, Hartcourt College Publishers.
[5] Lück H. E., (1991), Breve storia della psicologia, Il Mulino, Bologna.
[6] Schultz D. P., Schultz S. E., (2000), A History of Modern Psychology, op. cit.
[7] Lombardo G. P., Foschi R., (1997), La psicologia italiana ed il Novecento, Franco Angeli, Milano.
[8] Lombardo G.P., Pompili A., Mammarella V. (2002), Psicologia applicata e del lavoro in Italia: studi storici, op. cit.
[9] Mecacci L., (1995), Storia della psicologia del Novecento, Edizioni Laterza, Roma-Bari.
[10] Ibidem.
[11] Schultz D. P., Schultz S. E., (2000), A History of Modern Psychology, op. cit.
[12] Ibidem.
[13]Madsen K. B., (1982), Lo sviluppo della psicologia. Dalla speculazione filosofica alla scienza sperimentale. Ed. Kappa, Roma.
[14] Lombardo G. P., Foschi R., (1997), La psicologia italiana ed il Novecento, op. cit.