La motivazione è la leva che ci accompagna in qualsiasi ambito della nostra vita, da quello professionale a quello privato; qualsiasi cosa noi facciamo è strettamente legata al livello di interesse che poniamo nello svolgere quella specifica attività ed è ciò che ci consente di trovare il modo per soddisfare un bisogno.
Ma come si attiva la motivazione verso un’attività e/o un obiettivo? È qualcosa che nasce internamente o è necessario avere degli input dall’esterno? In realtà non esiste una risposta univoca alla domanda, dal momento che la motivazione è molto spesso un mix molto personale tra interessi interni e stimoli esterni. L’interesse che si sviluppa dall’interno viene definito endogeno e si riferisce alla soddisfazione di bisogni relativi alla persona (ad esempio svolgere ricerca, imparare a suonare uno strumento musicale, imparare a praticare uno specifico sport…); l’interesse che invece proviene dall’esterno viene definito esogeno e la soddisfazione che ne deriva è mediamente legata a qualcosa di esterno alla persona (ad esempio sapere di avere un ottimo stipendio, avere dei benefit, fare carriera in azienda per raggiungere uno specifico ruolo…).
Gli studi sul concetto di motivazione e relative definizioni sono iniziati negli anni 60 in ambito lavorativo, quando si è iniziato a capire che una stessa attività poteva essere svolta in modo diverso in base al livello di interesse posto dalla persona. Frederick Hertzberg (“Motivation to work”, 1959 – Routledge) fece degli studi in merito e sviluppò una teoria che, in estrema sintesi, suddivideva i fattori motivazionali in due categorie: igienici e motivazionali, i primi prevalentemente esogeni ed i secondi prevalentemente endogeni. Prima di allora era comune pensare che la leva economica fosse l’unica valida per tutti; e probabilmente nel primo ventennio post-bellico, caratterizzato essenzialmente dal senso del dovere/dalla necessità di guadagnare a sufficienza per raggiungere uno status sociale “adeguato”, l’aspetto economico prevaleva sul resto. Con la graduale stabilizzazione economica si è arrivati lentamente a spostare l’attenzione anche verso altri aspetti, più vicini alla sfera endogena della persona. Oggi, guardando con occhio critico a come si è evoluta la storia, possiamo dire che mediamente gli interessi endogeni possono giocare un ruolo importante nel momento in cui i bisogni primari di contesto esterno hanno raggiunto un livello considerato adeguato dalla persona. Teniamo sempre presente che delle eccezioni a quanto riportato possono sempre verificarsi; possiamo anche citare degli esempi storici dove un altissimo livello di motivazione endogena ha portato le persone a perseguire i propri obiettivi pur apparentemente non avendo le condizioni adeguate e sufficienti per poterlo fare, come ad esempio Steve Jobs, che è riuscito a trovare il modo di sviluppare le sue idee visionarie pur partendo da una condizione esterna per niente favorevole.
In ambito aziendale oggi si cerca di porre attenzione alla motivazione delle persone, proprio perché si ha la consapevolezza che se si riesce a trovare la giusta combinazione tra motivazione endogena ed esogena i risultati che si possono ottenere sono di livello molto alto e si ottiene quindi un vantaggio reciproco. È comunque necessario ammettere che prestare la corretta attenzione verso ciascuna risorsa (soprattutto in realtà medio-grandi) non sempre è facile né realistico.
I metodi per indagare la motivazione si distinguono sostanzialmente in questionari motivazionali e colloqui individuali: oggi è possibile trovare in commercio diversi questionari validati che esplorano aspetti anche molto specifici della motivazione; per quanto riguarda il colloquio individuale, si tratta di un vero e proprio colloquio one-to-one che ha il fine di riuscire ad identificare il possibile mix tra motivazione endogena ed esogena. È da sottolineare comunque che i questionari giocano un ruolo di supporto nell’esplorazione della motivazione e la loro somministrazione dovrebbe sempre essere seguita da un colloquio individuale con uno psicologo del lavoro, al fine di riuscire a toccare i diversi temi con un più elevato livello di precisione.
Di solito le indagini sulla motivazione vengono svolte in concomitanza con processi di recruitment e di assessment (sia di gruppo sia individuali), per avere un quadro della persona il più completo possibile.
Il valore aggiunto che può dare uno psicologo del lavoro risiede nell’utilizzo di tecniche di colloquio e lettura dei questionari che consentono un maggior livello di oggettività e corrispondenza con la realtà specifica aziendale.
Bibliografia e suggerimenti di lettura
Hertzberg F. (1959), “Motivation to work”, Routledge, London
Avallone F. (2011), “Psicologia del lavoro e delle organizzazioni. Costruire e gestire relazioni nei contesti professionali e sociali”, Carocci Editore, Roma.
Borgogni L. (a cura di) (2007), “Valutazione e motivazione delle risorse umane nelle organizzazioni”, FrancoAngeli, Milano.