Carteggi di Psicologia

Trauma, dissociazione e disturbo alimentare

M. Di Nardo, I. M. Pignone del Carretto, C. Longo, M. Esposito

 

Il trauma è un evento stressante, dal quale non ci si può sottrarre, che sovrasta la capacità di resistenza dell’individuo (van der Kolk, 1996). Il trauma psichico è il dolore degli impotenti. Nel momento del trauma, la vittima è resa inerme da una forza soverchiante. (Herman, 1992a). L’individuo che esperisce un trauma non si sente al sicuro, teme per la sua incolumità fisica ed emotiva, presente e futura, sperimentando emozioni quali la paura, l’angoscia e il terrore. Le emozioni ripetute e perpetuate nel tempo si amplificano e l’evento è percepito senza sbocco, senza soluzione, senza possibilità di difesa(Liotti, Farina, 2011). La persona si sente impotente, l’unica via di fuga plausibile, quindi, è il distacco dalla realtà stessa e la compartimentazione. Il distacco dalla realtà, la distanza che viene messa con le emozioni “fa perdere la confidenza con l’esperienza interna” (Albasi, 2009). La sospensione della coscienza favorisce quella che viene definita “dissociazione”.

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La dissociazione è una temporanea interruzione della coscienza, della memoria e della consapevolezza, nel qui ed ora, in una persona con una buona salute psicofisica (American Psychiatric Associations, 2013). Nella “dissociazione si perde, almeno temporaneamente, il senso di continuità della propria identità (Ciulla et. al.2012). La memorizzazione è frammentata, poiché sono sospesi gli stati di coscienza; la mentalizzazione è difficile e il vissuto risulta non integro.

I disturbi del comportamento alimentare (DA), secondo il DSM-5, “sono caratterizzati da un persistente disturbo dell’alimentazione o di comportamenti collegati con l’alimentazione che determinano un alterato consumo o assorbimento di cibo e che danneggiano significativamente la salute fisica o il funzionamento psicosociale”.

Alcune fonti mostrano una coesistenza tra episodi traumatici infantili, sintomi dissociativi e disturbi del comportamento alimentare (DA).

I DA presentano una maggiore quantità di traumi infantili rispetto al gruppo di controllo (Kong and Bernstein 2009; Becker and Grilo 2011; Palmisano et al., 2017; Everill et al., 1995). Nei soggetti che soffrono di bulimia nervosa e di binge eating si riscontrano una maggiore quantità di “traumi infantili rispetto al gruppo di controllo; mentre nei soggetti che soffrono di anoressia restrittiva e anoressia purging si apprezzano dei livelli più alti di abusi di tipo emotivo e di abusi emotivi associati a neglect fisico, se confrontati con il campione di soggetti sani. La presenza di traumi infantili, dissociazioni e il BMI sono dei buoni preddittori della gravità del binge-eating e l’aver vissuto vari tipi di traumi infantili predicono una aumento di comportamenti di tipo binge eating (Smyth et al., 2008).

I sintomi dissociativi sembrano essere particolarmente frequenti in pazienti con DA che riportano storie di traumi infantili: in particolare in pazienti con “binge purging”, se confrontati con pazienti con “anoressia” di tipo restrittiva. (Oliosi et al., 2003; Dalle Grave, et al., 1996, Dalle Grave et al., 1997).

La dissociazione pare giocare un ruolo particolarmente importante nel predire le “abbuffate” (Engelberg, et al., 2007, La Mela et al. 2010) e la gravità degli episodi di “binge eating”  (La Mela, et al., 2010; McShane et al., 2008; Waller et al., 2001). I disturbi dissociativi di tipo “somatoforme” sussistono nel caso di una maggiore gravità del comportamento alimentare; il disturbo dissociativo “somatoforme” presenta una correlazione positiva con gli episodi di “binge eating” (Fueller-Tyszkiewicz & Mussap, 2008, 2011).

La dissociazione, secondo alcuni autori, potrebbe, in persone con traumi infantili, favorire l’innesco o il mantenimento di sintomi di “binge eating” (Everill, et al., 1995; Kent, et al., 1999; Lyubomirsky et al., 2001; Rodriguez-Srednicki, 2001); anche se altre ricerche, non suffragano questa ipotesi (Gerke, et al., 2006,). Livelli di dissociazione psicoforme e somatoforme sono più alti in DA con una componente bulimica (bulimia nervosa, anoressia purging e binge eating ) rispetto ai soggetti che soffrono di anoressia restrittiva e ai soggetti sani. La dissociazione somatoforme mostra dei legami particolarmente forti con la presenza di caratteristiche comportamentali bulimiche (esercizio fisico eccessivo, abuso di lassativi, abuso di pillole dietetiche, abuso di diuretico) e con atteggiamenti bulimici(Palmisano et al. 2017).

Una maggiore incidenza sia di episodi traumatici nell’infanzia che di sintomi dissociativi di tipo “somatoforme” è presente in persone che soffrono di un DA, se confrontati con il resto della popolazione (Nijenhuis et al, 1999, 1998b).

 

Conclusioni

Tale stato dell’arte quindi ci sprona in due direzioni.

Da una parte, infatti, ci invoglia a progettare uno studio sperimentale che permetta di chiarire maggiormente il ruolo delle dissociazione nei DA. Si ipotizza di riprodurre il lavoro di Palmisano et al., 2017 con lo stesso metodo, ma con un campione modificato. Ovvero: oltre a utilizzare un campione di DA con i suoi  sottogruppi (anoressia restrittiva,  anoressia purging, bulimia nervosa, binge eating), si prenderà in considerazione un campione di persone che soffrono di un disturbo dell’umore e  uno di persone che soffrono di un disturbo d’ansia, oltre al gruppo di controllo, in accordo con la metodologia di La Mela et al. 2010. Intendiamo, quindi, verificare e delineare maggiormente il tipo di relazione esistente tra traumi, episodi dissociativi e di DA con componente bulimica. Vogliamo indagare, infatti, in quale sottogruppo si manifesti la dissociazione, (psicoforme, somatoforme) che ruolo possa avere: se sia una variabile che favorisce l’insorgere dei comportamenti bulimici, come sostengono Engelberg et al., 2007 e La Mela et al. 2010., oppure li prolunghi e li mantenga.

Dall’altra ci pone degli interrogativi in ambito clinico. In stanza di terapia spesso ci ritroviamo a ricostruire storie di persone con problematiche legate al cibo. I DA, infatti, sono caratterizzati da uno stile di significato personale tendenzialmente caratterizzato dal tema del giudizio, con una ricerca continua di conferme ed un eccessivo interesse per l’idea che l’altro possa avere di sé.  Il senso di sé è vago e indefinito, con senso di inadeguatezza e con mondo emotivo connotato da emozioni quali vergogna, delusione e frustrazione; manifestano e/o raccontano di episodi dissociativi. Tali episodi, infatti, li ritroviamo talvolta prima, durante o dopo le abbuffate nella persona bulimica, oppure durante i momenti di rabbia oppositiva e di pseudo controllo dell’impulso di fame nella persona con anoressia restrittiva, quasi a richiamare alla mente i digiuni ascetici delle donne medievali descritte da Rudolph Bell in  “La santa anoressia”.

Da un punto di vista squisitamente clinico, ci chiediamo quanto sia utile che la psicoterapia sia maggiormente o solamente incentrata sull’incremento della capacità di presenza a sé e del riconoscimento delle proprie esperienze emotive, attraverso una focalizzazione sulle proprie sensazioni corporee. Riteniamo, infatti, che sia parimenti fondamentale che si proceda nella ricostruzione e comprensione dei significati personali emergenti dal racconto delle esperienze di vita.

 

Bibliografia

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Becker, D. F., & Grilo, C. M. (2011). Childhood maltreatment in women with Binge Eating Disorder: associations with psychiatric comorbidity, psychological functioning, and eating pathology. Eating and Weight Disorders,16(2), 113 – 120.

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Engelberg, M.J., Steiger, H., Gauvin, L., & Wonderlich, S.A. (2007). Binge antecedents in bulimic syndromes: An examination of dissociation and negative affect. International Journal of Eating Disorders. 40(6), 531-536.

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Kong, S., & Bernstein, K. (2009). Childhood trauma as a predictor of eating psychopathology and its mediating variables in patients with eating disorders. Journal of Clinical Nursing, 18, 1897-1907.

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