Chi come me negli anni ’90 era un adolescente, ricorderà certamente il film Dirty Dancing (io l’avrò rivisto centinaia di volte!). Nel film Johnny, istruttore di danza, insegna a Baby il ballo. Durante una delle prime lezioni, Johnny, pone una distanza tra sé e Baby, tracciando una linea di confine virtuale con le braccia, un semicerchio, e le dice: “questo è il mio spazio e questo, invece – facendole disegnare con le braccia l’altra metà del cerchio- è il tuo spazio, io non entro nel tuo e tu non entri nel mio”.
Johnny con quel gesto aveva delineato uno spazio interpersonale tra i due. Nel mio campo di studio, quando si parla di spazio interpersonale si parla di prossemica. La prossemica è “la scienza che studia lo spazio o le distanze come fatto comunicativo; lo studio, cioè, sul piano psicologico, dei possibili significati delle distanze materiali che l’uomo tende a interporre tra sé e gli altri”. È un termine coniato dall’antropologo Edward T. Hall, che ha osservato che la distanza relazionale tra le persone è correlata con la distanza fisica. L’autore ha individuato 4 tipologie di distanze che le persone assumono nei rapporti sociali. Ne faccio un sunto giusto per averne un’idea.
La prima è la distanza intima, tra i 0 e i 45 cm.
Questa tipologia di distanza caratterizza, appunto, le relazioni intime e permette di toccarsi, di abbracciarsi, di parlarsi sottovoce, di baciarsi, di sentire il profumo dell’altro, insomma è quella distanza in cui possiamo utilizzare tutti i nostri sensi. È quella circoscritta dalla lunghezza del nostro braccio (Johnny nel dire la frase a Baby sullo spazio, quindi aveva disegnato una distanza intima tra i due).
La seconda è la distanza personale, tra i 45 e 120 cm.
È la distanza che caratterizza solitamente un rapporto di confidenza ed amicizia, tra due persone. Questo tipo di distanza si può trasformare in un rapporto intimo o distante in base a come gli interlocutori recepiscono questa vicinanza e a come reagiscono alla stessa, avvicinandosi o allontanandosi.
La terza è la distanza sociale, tra i 120 e i 300 cm.
È la distanza che caratterizza la formalità della relazione con l’interlocutore. Da quasi tre anni, da quando il COVID-19 è entrato nelle nostre vite, siamo diventati veri esperti della distanza sociale. Ci è stato insegnato, infatti, che la misura più efficace nella lotta alla diffusione del Coronavirus ha un nome: distanziamento sociale.
La quarta è la distanza pubblica, oltre i 300 cm.
È la distanza che caratterizza la comunicazione ad una platea, pensiamo ad un concerto, gli interlocutori sono molto distanti tra loro ed è quasi impossibile che gli uni possano invadere lo spazio degli altri (a meno che sul palco non ci sia Vasco).
L’autore Edward Hall ha inoltre evidenziato come la prossemica differisca anche in base alla cultura di appartenenza ed ha così classificato le culture in due categorie principali: quelle di contatto e quelle senza contatto.
Le culture che definisce di contatto sono maggiormente inclini al contatto fisico durante una conversazione, aspetto che ritroviamo nelle culture arabe, italiane, francesi, latino-americane e del Medio Oriente.
Le culture che definisce senza contatto, al contrario delle prime, mancano di questa predisposizione, ossia il contatto fisico, durante una conversazione, si verifica solo quando si parla con amici e con i parenti. Esempi di culture senza contatto sono: la cultura nordamericana, norvegese, giapponese e la maggior parte delle culture asiatiche.
Ma perché la prossemica è così importante?
E’ importante perché osservare ed analizzare i movimenti del corpo di una persona in un ambiente e le distanze che le persone assumono le une dalle altre, ci fornisce delle indicazioni sugli stati emotivi, aspetti della personalità e atteggiamenti di queste persone. Tutto ciò ci aiuta a stabilire ad esempio delle relazioni comunicazionali efficaci. Parliamo in questo caso di comunicazione non verbale che si esprime attraverso il modo di utilizzare lo spazio in cui si interagisce.
Non so se nel leggere questi concetti a voi sia venuto in mente qualche ricordo legato a delle vostre esperienze. A me nello scrivere è balenato subito in testa il ricordo delle feste delle liceo (sarò una nostalgica).
Durante queste feste, c’era sempre il compagno di classe che stava in disparte, ai bordi della sala, ad osservare, senza mai gettarsi nella mischia. Se scaviamo nei ricordi, in effetti, lui era quello timido, quello che dovevi cercare per sapere dove fosse, quello che non aveva mai il tono della voce alto, quello che non gesticolava quasi mai. C’era, invece, il compagno di classe che era sempre al centro della sala, quello che con il suo modo di fare attraeva l’attenzione di tutti, quello sembrava non aver paura di fare figuracce tanto era sicuro di sé.
All’epoca, forse, non facevamo caso a questi atteggiamenti, ma in effetti ripensandoci oggi, il loro muoversi nella sala, l’avvicinarsi più o meno agli altri erano un’esatta rappresentazione non verbale della loro personalità.
Un altro indice che ci dà delle informazioni sulla personalità dell’interlocutore, con il quale interagiamo, e che riguarda sempre la posizione che il corpo assume nello spazio è la postura. Durante una conversazione, se una persona parla tenendo le spalle, la testa bassa e gli occhi rivolti al pavimento, dà l’idea di una persona timida, triste o insicura. Al contrario, se a parlare è una persona che tiene le spalle e la testa dritte con lo sguardo rivolto verso l’interlocutore, si penserà di lei che è una persona sicura di se ed estroversa.
Il cambio di postura nello spazio dunque è anch’esso un elemento prossemico. Possono esserci momenti, in cui durante una conversazione con un interlocutore sconosciuto, la postura passi da una posizione di chiusura ( braccia incrociate o corpo leggermente girato) ad una di apertura (braccia non incrociate o posizione del corpo rivolta frontalmente all’interlocutore), quello sarà indice del fatto che la prima sensazione di insicurezza (legata all’estraneità o al ruolo della persona con cui parliamo) ha lasciato il posto ad una sensazione di maggiore sicurezza e di comfort.
Può accadere, però, anche l’inverso e potrebbe essere indice del fatto che la comunicazione tra i due interlocutori ha creato del disagio e dell’insicurezza. Saper osservare e leggere correttamente anche questi indici ci potrà fornire indicazioni fondamentali per costruire una comunicazione e una relazione efficaci.
Lo spazio prossemico, può farci sentire a nostro agio nelle relazioni ma anche crearci sensazioni spiacevoli. Imparare a “leggere” lo spazio prossemico, attraverso l’interpretazione dei segnali del corpo di una persona, ci aiuta a comprendere qualcosa di più su ciò che “non viene detto”, da quest’ultima, durante una conversazione o durante una situazione.
La prossemica è uno degli aspetti della comunicazione non verbale, altri possono essere affrontati ed appresi, perché, come disse Johnny, “nessuno può mettere Baby in un angolo”, siamo noi a decidere quale sia il nostro spazio prossemico di comfort, non gli altri.
12 commenti su “Dirty Dancing e la prossemica. Comunicare con il corpo.”
Penso che al dila di leggere i comportamenti altrui, e di conseguenza regolarsi con chi si ha a che fare, ognuno ha il suo modo di esprimersi e dimostrare interesse o bene attraverso altri comportamenti. Ad esempio una carezza o un abbraccio, e questo che sia uomo o donna, questo è il mio caso.
Ciao Daniele,
grazie per la tua attenzione ma soprattutto per la tua condivisione , sono d’accordo con te quando dici che ognuno di noi ha il proprio modo di esprimersi e questo credo sia molto bello. Altrettanto bello, ritengo sia il tuo modo, fatto di abbracci e carezze ( gesti non verbali ), per dimostrare interesse o bene, che di certo non lascia dubbi d’interpretazione . A presto
Anche io, come la Dott.ssa Minnelli, avrò visto milioni di volte il film “Dirty dancing” e tirarlo in ballo per parlare di comunicazione non verbale e in particolare di prossemica lo trovo geniale ed esplicativo, non solo per comprendere questi due importanti concetti, ma ancor più per capire qualcosa in più del nostro interlocutore. Per rispettarlo ed essere rispettati!
Ciao Angela e grazie per il tuo riscontro , sono davvero contenta che l’articolo abbia suscitato questo tipo di osservazione. A presto
Interessantissima la distinzione delle 4 distanze 🔝 purtroppo il Covid ci ha portati, un po’ per carattere un po’ per “convenienza”, a preferire quella sociale da 120 e 300cm (che sono veramente tantissimi!)🤦🏻♀️
Mi chiedo spesso, soprattutto quando mi trovo con persone estranee o che non riesco a comprendere del tutto, quale sia il significato del loro linguaggio non verbale, quello del corpo che, a seconda della postura, dei gesti, dello sguardo, dice ben più delle parole e, anzi, forse dice veramente quello che si vuol dire…
Mi piacerebbe imparare a “leggere” questo spazio prossemico, per poter interpretare i segnali del corpo di una persona…forse imparerei ad avere meno preconcetti fornitimi dal linguaggio verbale…
Grazie come sempre dottoressa
Grazie a te Roberta per questo intervento e per ciò che scrivi. “Leggere” il non verbale altrui è importante ma prima e come sempre impariamo a dare un significato al nostro, così da poterlo confrontare con quello che incontriamo negli altri e iniziare così a riconoscere degli elementi comuni ,si parte sempre da noi non dimentichiamolo mai . A presto
Interessante la correlazione tra il concetto dell’articolo e la scena del film, che evidenzia un aspetto attuale (quello del distanziamento) e che sicuramente non tutti erano a conoscenza della sua provenienza. L’autrice, un po’ come il Prof. Vincenzo Schettini, secondo me argomenta in modo semplicistico ed efficace temi di natura psicologica con le cose che sono intorno a noi e che possiamo trovare nel quotidiano. Complimenti.
Grazie Tiziano per il tuo commento e per i complimenti, sono davvero contenta che l’essenza e lo scopo dell’articolo ti siano arrivati in maniera così chiara. A presto
Leggo sempre con piacere i tuoi articoli, interessanti, non noiosi e ben scritti, veramente. Capaci di essere compresi da tutti.
Mi ritrovo spesso a creare una distanza più grande di quella che vorrei o dovrei avere dagli altri e per questo motivo lavoro su me stessa, ogni giorno.
Grazie davvero Cinzia per ciò che hai scritto e per i complimenti , lavorare su se stessi è importantissimo , e sentire che lo fai ogni giorno è indice di quanto ti metta in discussione e di quanto sia importante per te riuscire a superare dei limiti e perché no anche delle fragilità, tutto ciò ti rende onore . Alla prossima
Complimenti all’autrice, la prossemica dai 0 ai 45cm evocano tanti ricordi giovanili bellissimi e indimenticabili , come l’autrice ricorda dei balli di fine anno , a me viene in mente il mio primo vero ed eneguagliabile amore che a tutt’oggi non dimentico
Grazie Raf per il tuo commento, sono contenta che l’articolo ti abbia riportato alla mente le cose belle che hai descritto.A presto