Recentemente sono stata invitata ad un evento per le neomamme e mi è stato chiesto di partecipare ad un talk show insieme ad altri professionisti del settore, esponendo qualche mia considerazione sugli aspetti emotivi della maternità. Mi sono così soffermata a riflettere su quali dei tanti aspetti concentrarmi, realizzando quanto sia vasto questo campo e quanto, nonostante non si finisca mai di parlarne, le consapevolezze al riguardo non siano ancora abbastanza.
Cosa rappresenta la mamma?
Per il bambino la mamma simboleggia la casa, il luogo in cui maggiormente dimora e dove, in linea di massima, si sente al sicuro. La mamma è la risposta ai suoi bisogni principali, la fonte delle sue aspettative più grandi, la persona da cui vorrebbe le attenzioni migliori e da cui ricerca costantemente gratificazione. La mamma è il primo specchio dentro cui il bambino guarda se stesso, il primo oggetto della sua dipendenza, nonché la sua prima fonte di frustrazione.
Tutto questo, che può banalmente sembrare scontato, è il risultato di un lavoro interiore ed esteriore che, seppur naturale, comporta da parte della mamma un’enorme impegno e dedizione.
Alla donna nessuno può insegnare come si diventa mamma, perché niente di quello che vivrà dopo il parto corrisponderà a quello che aveva immaginato. Con la nascita di un figlio, lei rinasce a sua volta, incontrando una parte di sé che prima non aveva mai conosciuto e che, a tutti gli effetti, rappresenta la sua nuova identità. Nessun ruolo che ricopriva nella sua vita fino a prima di quel momento, che sia quello di figlia, di moglie, di sorella, di amica o di professionista, rimarrà invariato. Da quel momento in poi, sarà mamma 24 ore su 24 e lo sarà per sempre.
La costruzione di questa nuova identità non è immediata, ma attraversa un processo che si avvia sin dalla gravidanza e che prende forma dalle emozioni che quella mamma nutre verso i propri genitori, dal timore di non essere capace ad affrontare quello che la aspetta e dalle aspettative che inevitabilmente si delineano nel suo immaginario. Se viene naturale aspettarsi che la donna ricoprirà il ruolo materno spontaneamente, viene invece poco naturale comprendere che per riconoscersi in quel ruolo, spesso, è necessario che quest’ultima attraversi le proprie fragilità e ricontatti le ferite emotive della sua infanzia. Ferite che per alcune sono più facilmente gestibili e che per altre diventano enormi montagne da scalare.
Cosa contribuisce a rendere più agevole l’ingresso nella maternità
Il contesto affettivo in cui la donna è inserita risulta di fondamentale importanza. Più la neomamma è sola, più è alto il rischio che incontri difficoltà nel relazionarsi con il suo nuovo ruolo, sperimentando un senso di smarrimento che insieme alle insicurezze crea un circolo vizioso e alimenta il malessere.
Capita che il partner sia portato a credere di non sapere come aiutare una neomamma in difficoltà, di avvertire come inutili i suoi tentativi di soccorso e di lasciarla, con più o meno consapevolezza, sola ad affrontare questo momento delicato. Spesso è vero che nel pratico non si abbia la possibilità di apportare nessun aiuto, perché la gestione del neonato per molti aspetti si muove su un livello emotivo e potrebbe non essere sufficiente occuparsi di cambiare il pannolino o di cucinare la cena per far sì che la mamma si senta meglio. Ciò che più di ogni altra cosa aiuta la neomamma in difficoltà è la vicinanza emotiva, l’ascolto, la dedizione con cui il partner si impegna a comprenderla e a trasmetterle che, di fronte a qualunque stato d’animo lei stia provando, sarà accolta.
La depressione post partum
Spesso la neomamma si scontra con percezioni inaspettate e non sempre piacevoli, andando incontro a sbalzi d’umore, crisi di pianto, irritabilità, disturbi del sonno, perdita di piacere verso le abituali attività e relazioni. Se il neonato è per tutti una creatura incantevole, per la sua mamma è anche fonte di stanchezza e di paura, sentimenti che, se sperimentati con una certa intensità, possono portare la donna a sentirsi sbagliata e fortemente in colpa, fino a sfociare, nelle situazioni più spiacevoli, in vera e propria depressione.
Credo che sia nostro dovere prevenire questo stato d’animo piuttosto che preoccuparci di curarlo, perché se è naturale che il neonato abbia bisogno di una mamma che lo accudisca, è altrettanto naturale che la neomamma abbia bisogno di essere sostenuta dai suoi riferimenti affettivi.
Il sostegno emotivo è fra tutti il fattore protettivo più importante.
La neomamma tra le braccia della sua mamma
La neomamma, nel prendere confidenza con la sua nuova identità, non si spoglia mai delle sue vesti di figlia, sperimentando, come spesso non è portata ad immaginare, una forte necessità di vicinanza da quella che è la sua di mamma. Che sia in vita o che non lo sia più, la mamma della mamma viene contattata interiormente prima che all’esterno, così da ripercorrere alcuni passaggi che hanno caratterizzato la loro relazione e che, con più o meno consapevolezza, stanno tornando a farsi sentire.
Mi piace spiegare questo aspetto attraverso gli scatti di crescita che manifesta il bambino… prima di esprimerli, spesso, il bambino è per natura portato a compiere una regressione. Noi adulti funzioniamo nello stesso modo e, quando una neomamma deve aprire le porte al gigantesco mondo della maternità, può avere particolarmente bisogno di dar voce alla bambina interiore che vive dentro di lei e che, come tutti i bambini, cerca rassicurazione da chi l’ha messa al mondo.