Carteggi di Psicologia

“Vagare nella mente” – l’approccio Cognitivo alle allucinazioni uditive

In questa seconda parte presenterò una breve riesamina circa il modo in cui le due prospettive Cognitivo-Comportamentale e Cognitivo Post-Razionalista affrontano l’eziologia ed  il trattamento delle allucinazioni uditive(Se non hai letto l’articolo precedente, lo trovi qui)

L’approccio Cognitivo –Comportamentale alle allucinazioni uditive

Il fenomeno delle allucinazioni uditive viene principalmente associato a gravi patologie psichiatriche, come detto precedentemente, eppure nell’ottica cognitivista si tende a non considerarlo un fenomeno del tutto o niente, bensì si predilige la visione di un continuum. Ci sono individui, infatti, che sentono voci pur non soffrendo di patologie psichiatriche, ma che si trovano a vivere un periodo di forte stress: si è visto infatti che le voci e le allucinazioni in generale, avvengono più facilmente, sia nei soggetti psi­cotici che in quelli non psicotici, in periodi particolarmen­te stressanti, come ad esempio nel caso dei lutti, durante i quali alcune persone riportano di sentire ancora la voce del proprio caro1  .

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Ma da che cosa sono provocate le allucinazioni uditive, secondo la prospettiva cognitivista? Una delle teorie più diffuse riguarda un deficit nella capacità di monitoraggio. Secondo questa ipotesi le voci sarebbero auto­generate, ma non riconosciute come tali, bensì proiettate all’esterno. Shergill, Cameron e Brammer (2001)2 hanno os­servato ad esempio che i patterns di attivazione rilevabili con la risonanza magnetica funzionale, durante allucina­zioni uditive, sono molto simili a quelli osservati in sogget­ti che non hanno allucinazioni, quando immaginano che un’altra persona stia parlando con loro. Questo vorrebbe dire che le voci sono una sorta di “internal speech” che, per qualche difetto nella capacità di monitoraggio, verrebbe attribuito all’esterno. Ma questa teoria soffre di alcuni punti deboli: se ci fosse cioè un de­ficit di questo tipo, nella differenziazione tra cause ester­ne ed interne, i soggetti dovrebbero essere spesso incerti sull’origine degli eventi e non attribuire sistematicamente a cause esterne eventi interni. Un bias nella capacità di self monitoring non solo non è stato dimostrato, ma in certi casi non sembra nean­che legato alle allucinazioni3 . A partire dagli studi di van Os e colleghi4   molte teorie hanno cominciato a mettere in luce il ruolo dei fattori metacognitivi, chiamati in causa anche per la spiegazione del delirio.

La vulnerabilità allo sviluppo di allucinazioni sembra essere ricondotta ad una serie di meccanismi, come un eccesso di attenzione rivolta a se stessi, la ruminazione, credenze autoriferite disfunzionali e a una ipervigilanza verso stimoli percepiti come minacciosi . Sviluppare un atteggiamento di ipervigilanza nei con­fronti di stimoli simili, punirsi per averli, considerarli alta­mente pericolosi in quanto segnali di follia, non farà che renderli più probabili, generando un circolo vizioso dal quale è difficile uscire. Gli individui, focalizzandosi sulle voci per cercare di farle smettere, concentreranno l’atten­zione su di esse, rendendole più potenti e frequenti.

In altre parole, le allucinazioni si potrebbero definire come una “patologia della credenza” , in cui le persone sarebbero particolarmente propense a giudicare i propri processi cognitivi e ad imporsi di avere il controllo sui propri pensieri. Inoltre, anche le emozioni giocherebbero un ruolo cruciale nella genesi del fenomeno, poiché l’ansia, la paura, caricheranno di significato uno stimolo neutrale e contribuiranno a mantenere la credenza della realtà delle voci5. Secondo Larøi6,quando insorgono pensieri intrusivi ed inaccettabili per l’individuo, insorge una dissonanza cognitiva, che  viene risolta proiettando all’esterno la fonte dei pensieri ed i pensieri stessi. Dunque, sarebbero le credenze riferite a certi eventi che generano le allucinazioni uditive e non gli eventi in sé (processi top down): l’interpretazione del fenomeno, sia esso un pensiero o una allucinazione, determinerebbe le reazioni al fenomeno stesso.

Gli interventi utilizzati nell’ambito cognitivista standard sono maggiormente incentrate sull’acquisizione di strategie di fronteggiamento del sintomo, mediante metodiche di coping comportamentale, di coping cognitivo e metodiche basate sulla distrazione7. Negli ultimi anni, anche all’interno del cognitivismo, si stanno facendo avanti approcci più incentrati sull’incremento della connessione con le esperienze interne con le voci e meno incentrati alla sola modificazione delle credenze (ACT e Mindfulness). Il principio di base è che riuscire ad avere una relazione decentrata con tali esperienze può aumentare la consapevolezza di ciò che accade dentro di sé e, al contempo, permette di mantenere una certa distanza da esse (ad esempio: sviluppare l’abilità del prestare attenzione alle voci, ai pensieri e alle sensazioni ad esse associati e considerarli eventi passeggeri)8

 

L’approccio Post-Razionalista alle allucinazioni uditive

Come abbiamo visto, gli approcci cognitivisti sono entrati più dettagliatamente e con modalità più “scientifiche” nei processi mentali coinvolti nel fenomeno allucinatorio, cercando di valutare le funzioni cognitive o meta-cognitive interferite o ridotte nel processo psicotico, senza mettere in  discussione o andare oltre la diagnosi di tipo descrittivo dei sistemi nosografici.

In una ottica Costruttivista Post Razionalista, che vede l’individuo operare all’interno di una logica autoriferita di attribuzione di significato, si possono comprendere i sintomi e i segni delle  psicosi e della schizofrenia come informazioni discrepanti che il sistema non è riuscito a decodificare e integrare nell’identità narrativa.  Le categorie “normale” “nevrotico” e “psicotico” sono considerate modalità specifiche di mantenimento della coerenza interna dell’individuo, la quale si sviluppa lungo tutto il ciclo di vita.

La normalità è caratterizzata da un buon livello di flessibilità e astrazione, ovvero dalla possibilità di produrre nuove teorie su di sé e sul mondo e da un buon livello di autointegrazione; nella modalità psicotica di elaborazione della conoscenza, invece, c’è scarsa flessibilità e generatività, c’è un alto livello di concretezza ed una interferenza nella capacità di autointegrazione, con conseguente perdita dell’unitarietà del Sé e frammentazione dell’identità personale9,10 . Quando il danneggiamento della capacità di integrazione è per difetto, le percezioni discrepanti rispetto all’immagine di sé paiono giungere dall’esterno, manifestandosi come allucinazioni. Esse rappresentano percezioni perturbanti non integrabili nell’immagine di sé, che non possono pertanto essere riconosciute come proprie e vengono espresse all’esterno.

Ad esempio, esse possono esprimere il senso di inadeguatezza dell’individuo, il bisogno di essere rassicurato, quando l’angoscia di inadeguatezza non è più gestibile; oppure, quando le voci sono positive possono rappresentare rassicurazioni e conferme tanto ricercate. Così come si considera un evento come costruzione personale della realtà, da analizzare attraverso emozioni, sensazioni, immagini, senso di sé, anche l’episodio allucinatorio va contestualizzato e ricollocato all’interno dell’evento, ordinato sequenzialmente in senso cronologico, causale e tematico. Solo così l’allucinazione uditiva risulterà un elemento della propria esperienza soggettiva: la particolare modalità di rielaborazione narrativa delle esperienze, costruita in seduta, risulterà essa stessa terapeutica, giacchè piuttosto che cercare di controllare direttamente il sintomo, si favorisce una rielaborazione conoscitiva volta al “riappropriarsi” dell’esperienza sintomatica.

Le fasi del trattamento comprendono:

  • Instaurare e mantenere un clima di conversazione sintonica, negoziando rotture e controversie
  • Riordinamento tematico e temporale delle vicende inerenti la sintomatologia
  • Riordinamento dell’esperienza soggettiva secondo la dimensione interno/esterno
  • Elaborazione in termini autobiografici dell’articolarsi di temi di significato personale
  • Elaborazioni narrative complesse.

Dunque, i principi dell’approccio Post Razionalista, con le sue tecniche conversazionali, consentono di rielaborare narrativamente gli aspetti legati ai sintomi allucinatori e influiscono sull’adesione delirante all’esistenza delle voci, riducendola in modo indiretto e non persuasivo11.

 

 

BIBLIOGRAFIA

  1. Beck A., Rector N. (2003), A cognitive model of Hal­lucinations, Cognitive Therapy and Research, 27, No. 1, pp. 19-52.
  2. Shergill S.S., Cameron L.A., Brammer M.J. (2001) Modality specific neural correlates of auditory and somat­ic hallucinations, Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry, 71(5), pp. 688-690.
  3. Stinson K., Valmaggia L.R., Antley A., Slater M., Freeman D. (2010), Cognitive triggers of auditory hallu­cinations: An experimental investigation, Journal of Behav­ior Therapy & Experimental Psychiatry, 41, pp. 179-184.
  4. van OS J., Krabbendam L. (2002), Cognitive epidemi­ology as a tool to investigate psychological mechanisms of psychosis, paper presented at the annual meeting of the European Association for Behavioural and Cognitive Ther­apies, Maastricht, The Netherlands.
  5. Cardella V., (2012). Deliri e allucinazioni: due patologie della credenza?. Reti, Saperi, Linguaggi Anno 4 N.1
  6. Larøi F., Van Der Linden M. (2005), Metacognitions in proneness towards hallucinations and delusions. Behav­iour Research and Therapy, 43, pp. 1425-1441.
  7. Pacifico et al (2008). Psicopatologia delle allucinazioni verbali uditive. Giorn Ital Psicopat 2008;14:413-424
  8. Neil Thomas, Mark Hayward et al., (2014) Psychological Therapies for Auditory Hallucinations (Voices): Current Status andKey Directions for Future Research. Schizophrenia Bulletin 40 suppl. no. 4 pp. S202–S212.
  9. Guidano V.(1992) Il sé nel suo divenire. Verso una terapia cognitiva post-razionalista. Bollati Boringhieri
  10. Cutolo G. (2011). L’approccio psicoterapeutico postrazionalista alle psicosi. Rivista di psichiatria, 2011, 46, 5-6
  11. Arimatea E., Bisanti R. et al, La psicoterapia Post Razionalista delle Psicosi, Atti V Convegno di psicologia e psicopatologia post- razionalista. Siena 2004

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