Continuiamo il nostro percorso di esplorazione delle attività della Psicologia del Lavoro, andando a scoprire in cosa consiste il Talent Management.
Tra le attività proprie della Psicologia del Lavoro è di sicuro quella nata più di recente. Il termine fu coniato da David Watkins di Softscape e pubblicato in un articolo nel 1998. La gestione del talento è un processo che emerse negli anni 90 e continuò ad essere adottato dal momento che molte organizzazioni si resero conto che il talento dei loro lavoratori e le loro abilità potevano portare al successo del loro business, creando nei casi più virtuosi una pipe-line in grado di garantire il futuro dell’azienda.
Sebbene la storia di questa attività sia relativamente breve, si può comunque notare un’evoluzione rispetto alle azioni svolte nella gestione dei talenti.
Quando un’azienda decide di procedere con questa attività significa che ha preso consapevolezza dell’importanza di “prendersi cura” della crescita dei propri lavoratori più promettenti. I concetti che sottendono a tale attività sono piuttosto sofisticati ed evoluti da un punto di vista gestionale, combinando tra loro performance, motivazione, comportamenti espressi ed anzianità professionale delle risorse inseriti in ottica di futuro aziendale. Il primo concetto da chiarire è che non esiste un modello di Talento che possa andare bene per tutte le aziende; anche se potranno essere presenti dei tratti comuni, tuttavia la cultura ed i valori aziendali potranno influenzare in modo importante i criteri di identificazione dei talenti; una volta identificati, tali criteri saranno comuni a tutte le funzioni aziendali. Generalmente i talenti sono persone giovani, con qualche anno di esperienza e che hanno dimostrato oltre ad una performance superiore alla media anche una buona espressione dei comportamenti ritenuti “chiave” dall’azienda.
In cosa consiste il Talent Management?
Si inizia di solito con il sottoporre i candidati ad un Assessment, al fine di approfondire la motivazione e verificare il livello di possesso del set di capacità identificate; si prosegue poi il percorso di supporto alla crescita.
All’inizio la leva che maggiormente riusciva ad ingaggiare le persone era la garanzia di una crescita verticale insieme ad un contributo di tipo economico. Questa modalità di ingaggio ha avuto effetto fino a qualche anno fa, ma oggi ciò che le persone desiderano è altro: coinvolgimento in attività sfidanti in grado sia di mantenere alto l’interesse verso il lavoro e allo stesso tempo dare loro maggiore visibilità, partecipazione a percorsi di approfondimento su temi affini alla loro professione volti ad agevolare la loro crescita, maggiore flessibilità nella gestione degli orari lavorativi e attività di supporto, come dei percorsi di Coaching.
I ruoli aziendali coinvolti in questo tipo di attività possono essere diversi, come i responsabili gerarchici ed in alcuni casi anche il Top Management. Il valore aggiunto che uno psicologo del lavoro può dare consiste proprio nella progettazione e conduzione dell’Assessment, attraverso cui fornisce indicazioni il più possibile precise sulla motivazione ed il livello di possesso dei comportamenti, elementi che talvolta possono determinare l’ingaggio ed il futuro del percorso aziendale dei talenti.